Imparare a raccontare le proprie emozioni è sicuramente una sfida importante e difficile da affrontare. Infatti, descrivere a parole qualcosa di così astratto e così soggettivo, incontra molti limiti che si riescono a superare solo in parte. Ma una volta padroneggiata questa abilità, siamo pronti per lo step successivo: influenzare le persone.
Influenzare le persone significa persuaderle, raccontare così bene la nostra idea, o il nostro pensiero, o ancora il nostro progetto, che riusciamo a trasferire le nostre emozioni sull’interlocutore. Quest’ultimo comincerà a vedere le cose secondo il nostro punto di vista, diventando partecipe della nostra storia e condividendo con noi le emozioni ad essa connesse.
Per influenzare le persone, è necessario innanzitutto catturarne l’attenzione con un argomento talmente interessante e coinvolgente che non potranno fare a meno di seguirci. Ma quale argomento è così interessante, da ottenere un effetto così sbalorditivo? Se ci pensiamo attentamente, in realtà la risposta è molto semplice: sé stessi. Pensiamo al momento in cui guardiamo un album di fotografie, e alla reazione di chi lo guarda con noi. Quasi tutti cercheranno nelle foto sé stessi, guarderanno com’erano e come sono venuti, focalizzandosi principalmente sulla propria immagine.
Per questo motivo, è fondamentale mantenere il nostro interlocutore coinvolto nella storia o, meglio ancora, farlo diventare il protagonista. Quanto più riusciamo a far sì che il soggetto si senta parte attiva di quello che noi stiamo raccontando, tanto più avremo stabilito una connessione che renderà le nostre parole ancora più efficaci.
Un’altra tecnica per tenere viva l’attenzione del nostro interlocutore e renderlo partecipe del nostro discorso è quella di porgere delle domande. L’obiettivo è quello di seguire lo stesso percorso logico, che ha portato noi alla conclusione che vogliamo trasmettere all’altra persona. Un accorgimento che può fare la differenza è quello di usare la prima persona plurale, il “noi”, piuttosto che la prima singolare, “l’io”. In questo modo, non solo coinvolgeremo il nostro ascoltatore, ma lo faremo sentire un tutt’uno con noi, come se fossimo una cosa unica.
Alla fine, tutto queste tecniche non sono nient’altro che comunicazione: l’agire comune, lo stare insieme tendendo a un obiettivo, che è quello che vogliamo ottenere dai nostri interlocutori. Vogliamo infatti che in qualche modo le nostre parole cambino la loro vita, anche minimamente, quasi impercettibilmente, ma abbastanza da trasferire le nostre emozioni su di loro diventando parte della loro esistenza.